Berlusconi ingrassa Impregilo e grazia l'ex nemico Bassolino

Il decreto «salva Napoli» cancella di fatto l'inchiesta della magistratura che ha coinvolto la società dei Romiti e il super-governatore della regione. Ripartono affari e appalti che faranno della Campania la «Romania d'Italia»
24 maggio 2008 - Francesca Pilla
Fonte: Il Manifesto

Può finire senza responsabili la quindicennale emergenza di Napoli? E soprattutto può diventare una risorsa appetibile per l'imprenditoria settentrionale del nostro paese?
La risposta è nella prima uscita pubblica del nuovo sottosegretario ai rifiuti Guido Bertolaso che ieri nella conferenza stampa di presentazione del decreto «salva Napoli» parlava a nome di Berlusconi. Tre i punti che l'ancora capo della protezione civile ha messo sul piatto e presentato come una strategia vincente: l'Impregilo termina i lavori per l'inceneritore di Acerra, i cdr chiudono e sono sostituiti con quelli per il compostaggio, mentre parte la costruzione di altri tre termovalorizzatori a Santa Maria La Fossa, Salerno e Napoli.
Possibile? Le motivazioni di un Bertolaso in piena forma sembrano ineccepibili: «Sarebbe stato troppo complicato chiamare altri imprenditori per finire un lavoro quasi terminato», primo; «Chiudiamo gli impianti e bruciamo il rifiuto tal quale perché le ecoballe, il fos e i sovvalli sono una barzelletta. Si tratta dello stesso materiale tritato e ridotto in poltiglia», secondo; «Servono 4 termovalorizzatori per smaltire 8 milioni di ecoballe che sostano in Campania e non sono mai uscite dalla regione», terzo.
Progetto ambizioso, minimo sforzo e tre effetti immediatamente efficaci: rivalutando l'Impregilo si svuota alla base l'impianto accusatorio della Procura napoletana contro una delle multinazionali più importanti (e potenti) del nostro paese e si creano le premesse per poter guadagnare miliardi di euro su una «monnezza» che fino a ieri era un problema.
Così i primi a tirare un sospiro di sollievo dopo le decisioni del Berlusconi IV potrebbero essere proprio Pier Giorgio Romiti a capo dell'Impregilo, Paolo Romiti direttore commerciale della controllata Fibe, gli ex-dirigenti Armando Cattaneo e Vincenzo Urciuoli, che insieme ad altre 23 persone sono attualmente processati per truffa aggravata nei confronti della regioni a causa dell'utilizzo di impianti non a norma.
I provvedimenti cautelari la scorsa estate erano costati al gruppo la confisca di 750 milioni di euro in beni, nonché l'interdizione alla partecipazione di gare pubbliche di smaltimento rifiuti. Oggi dopo tre anni di indagini, 100mila pagine di fascicoli, 900 testimoni chiamati da accusa e difesa, il governo Berlusconi ci dice che non era poi così grave. Che negli inceneritori si può bruciare tutto senza creare danni all'ambiente. Che quella del rifiuto sostenibile è una boutade. Che l'industrializzazione della filiera rappresenta il paradiso dello «smaltitore». E perfino che Antonio Bassolino non è tanto responsabile per aver permesso ieri quello che diventa legge domani.
«E' proprio così, anche perché la stessa normativa europea è ambigua al riguardo, affermando che in determinati tipi di inceneritore è possibile farci finire il tal quale». La conferma arriva dal nemico numero uno della multinazionale leader nella costruzione di inceneritori, l'ex presidente della commissione ambiente del senato Tommaso Sodano (Prc). L'uomo da cui tutto è iniziato, quando ha sporto la prima denuncia e subodorato la truffa.
Tempo e soldi buttati? «In realtà ora dovrebbero dirci perché allora hanno sperperato miliardi di euro, visto che Acerra è progettato per smaltire solo cdr. Ma ho il sentore che si voglia impedire una seria raccolta differenziata: quanto più si brucia tanto più si guadagna». Tra i comitati ambientalisti in molti temono però che questi provvedimenti possano anche nascondere l'intenzione di trasformare la Campania nella Romania del paese. Basta fare un po' di conti.
Acerra sarà dotato di un impianto in grado di fagocitare 2000 tonnellate quotidiane, stesso carico a Santa Maria La Fossa, 1000 a Salerno, 1500 a Napoli, per un totale di 6500 tonnellate di monnezza: la produzione giornaliera della regione che si volatilizza per magia. Delle due l'una: o si pensa di buttare a mare il riciclo oppure di spingere la differenziata al 50 per cento usando un solo termovalorizzatore per la giacenza e «importando» qualche migliaio in tonnellate di «combustibile» dalle altre regioni. In questo caso, visto che Impregilo oppure A2A, l'altra cordata interessata all'affare, rappresentano l'imprenditoria del Nord, il risultato finale sarebbe semplice tra chi guadagna e riceve energia e chi si becca le scorie. Per Sodano sono «tutte ipotesi praticabili» ma è ancora più pericoloso che «per il ministro ombra Realacci vada tutto bene così».
Di sicuro chi si «aggiudica» la gallinella dalle uova d'oro per bruciare le 8 milioni in tonnellate di ecoballe si mette automaticamente in tasca 400 milioni. E' la cifra totale di quel famoso «Cip6» che esce dai nostri portafogli per le energie «rinnovabili o assimilate» con la trattenuta del 7% su ogni bolletta dell'elettricità: in Campania va a finanziare ogni tonnellata di «monnezza», con 50 euro, ancora da termovalorizzare. Ma che questo vada bene così l'ha deciso il governo Prodi.

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