«Il carcere? Non ci fa paura»

A Serre, dove Bertolaso perse il posto di commissario e ora ci riprova. Tra attesa e preparativi per la resistenza. Il sindaco Crocetta: sarà la nostra Cecenia
23 maggio 2008 - Francesca Pilla
Fonte: Il Manifesto

Ulivi e munnezza, querce e percolato, baite e compattatori, colline profumate di muschio e tanfo da discarica. Questa è Macchia Soprana a meno 130 mila tonnellate all'alba. Fino a questo momento ne sono state portate 520 mila, ed è andata avanti per un anno, da quando lo scorso maggio Guido Bertolaso perse la battaglia di Serre e nello stesso momento anche la guerra contro i rifiuti, contro l'ex ministro Pecoraro Scanio, il senatore Prc Tommaso Sodano, la sinistra radicale e ambientalista. Bertolaso ci rimise la faccia e l'incarico sbattendo sul muro di quelli che considerava il partito del no. Ora potrebbe riprendersi una rivincita, fornito di leggi «speciali», eserciti e un decreto con i nomi delle discariche, su cui c'è scritto nero su bianco Serre. Cosa che potrebbe significare l'allargamento di Macchia Soprana o l'apertura di Valle della Masseria. Al vaglio ci sarebbero entrambe le possibilità.
Il paesino del salernitano si è risvegliato con un brutto presentimento: lui, inteso come Bertolaso, non ha dimenticato. Ma portare altri rifiuti sarebbe l'inizio della fine per la cittadina di 3900 abitanti, quella dell'oasi del Wwf di Persano, dell'area protetta dalla convenzione di Ramsar e dall'Onu, della lontra del fiume Sele, degli uccelli migratori, della centrale fotovoltaica più grande d'Europa. Uno scempio, un'ingiustizia disboscare altri alberi per ampliare il sito, un disastro ambientale recintare di filo spinato, portare l'esercito e aprirne uno nuovo per penalizzare l'unico territorio che ha già dato negli ultimi 12 mesi. Su questo sono tutti d'accordo. Quei 900 che il 13/14 aprile hanno votato Pdl, i 515 del Pd, i 200 della Sa, gli astenuti.
Oggi c'è solo molto silenzio nella conca di argilla, dove appena 300 giorni fa si erano radunati per settimane i serresi, l'intero consiglio comunale, dove Alex Zanotelli aveva spezzato il pane e il vino, i comitati si erano opposti con i corpi agli automezzi militari. Lavanda, papaveri, mughetto, balle di fieno. Nel caseificio La campagnola si risciacquano le vasche ancora piene del latte di bufala: se arriva l'immondizia la piccola casetta delle mozzarelle verrà sommersa. «Ma non mi pare che pensano nuovamente aprire qui - cade dalle nuvole una degli addetti caseari, cuffia, guanti e galoche - e se lo fanno significa che è una vendetta di Bertolaso». «Ancora da noi? Bertolaso ci odia. E Napoli?», dice il calzolaio di fronte al Municipio. «Non lo permetteremo mai» afferma il vecchio con bastone, fuori al bar Sele. «Questa è la nostra terra, non ci importa dei militari, delle condanne, ci facciamo arrestare in massa», commenta Simone Grieco dei figli delle lontre, il comitato nato sulla lotta alla discarica a Valle della Masseria, uno di quelli che ha preso le manganellate insieme a mamme e anziani. «Ma non si sa ancora nulla e non ci resta che aspettare» aggiunge con un tono di voce più pacato. La paura c'è, la tensione pure. «Vedete laggiù - prende la parola indicando un punto lontano nella valle Michele Fiumicelli, 17 anni - quella è la vecchia discarica di Basso dell'Olmo, mentre dopo un chilometro c'è quella di Macchia Soprana e infine poco più lontana quella abusiva di contrada Paraglione, sequestrata perché riempita di rifiuti tossici industriali. Qui non ne possiamo più».
Non li mette al riparo la parola di De Gennaro che aveva promesso «fino a giugno poi si chiude», non li garantisce l'inibizione della magistratura del marzo 2007, non hanno più una sponda politica dopo che è morta la Sinistra Arcobaleno. Se Bertolaso vuole procedere c'è ben poco da fare. Serre non è Pianura, non è Chiaiano, non ha la camorra, ma un popolo di agricoltori e allevatori, quello dei carciofini doc, dei pomodorini, dell'olio e della mozzarella.
«Se stanno così le cose allora è meglio che lo stato faccia i bagagli. Il piano Bertolaso prevedeva solo Serre e niente altro. Ora vuole vendetta?». Il sindaco Palmiro Cornetta è seduto al suo posto, nel piccolo municipio tra gli acciottolati del centro storico e i lampioni di ferro battuto. Un orologio fermo alle otto meno un quarto, il ritratto di Napolitano, qualche targa, una sedie di pelle. Lui che ha capeggiato la rivolta lo scorso anno, che si è preso le mazzate con la fascia tricolore al collo scaraventato dalle forze dell'ordine in un fosso, non può non alternare inquietudine, rabbia, sconforto. «Non possono puntare nuovamente su Serre, noi non siamo 'e chiù fess. La scorsa volta ho accettato Macchia Soprana, anche per proteggere i nostri ragazzi da possibili denunce penali. Ma se pensano di tornare faremo come in Cecenia. Io sarò in prima fila e mi possono pure arrestare». Dentista, oculista, medico del 118, Palmiro («battezzato» in onore di Togliatti) è diventato il pallino di Bertolaso dopo che aveva riferito al manifesto della richiesta di un incontro «segreto» da parte dell'allora commissario. Il capo della protezione civile gli aveva risposto, smentendo tutto, con una lettera sempre dalle pagine di questo giornale. Dopo sei mesi di scontro Bertolaso si era dovuto dimettere, Cornetta aveva trionfato alle amministrative arrivando oltre il 75%. Oggi sono di nuovo dove si erano lasciati. «Certo bisognerebbe chiedersi perché Prodi l'aveva nominato».

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