Serre Nel bar del paese salernitano si prepara la «resistenza» A Terzigno si comincia: già espropriato un terreno

Da Andreatta a Serre pronte le barricate

Viaggio nei paesi dove saranno realizzate le discariche. "E' un accanimento". Si organizzano le ronde
23 maggio 2008 - Pietro Treccagnoli
Fonte: Il Mattino

Mappa delle discariche Dall’alto di Macchia Soprana si domina la valle. Come diceva una canzone: ciò che si vede è. E laggiù è campagna, fiume e autostrada. Quassù è montagne di monnezza. Tal quale, cumuli su cumuli che attirano i gabbiani predatori e sazi fin qui a venti chilometri dal mare. Il vomito del consumismo sta trasformando anche la natura. C’è un’aria di efficienza pratica, qui. Il responsabile della discarica, Alessio Caggiano è un trentenne preciso che spiega con i numeri. La capienza del sito è di 700mila tonnellate. Ora sono a quota 570. Fa i conti con la calcolatrice del suo computer nel casotto, poco lontano dallo spiazzo dove a spruzzi lavano i camion, prima di lasciarli andar via. Ora ne arrivano anche 120 al giorno, contro i 60-70 delle fasi normali. E sversano tal quale, invece dell’umido dei giorni buoni. Ieri mattina un automezzo si è ribaltato, ma il pronto intervento dei vigili del fuoco ha portato tutto alla normalità in poche ore. Vanno e vengono i compattatori. Soprattutto di mattina, passando accanto alle case dei contadini e gli uliveti. Qualche autista si ferma a fare merenda in uno dei caseifici, lungo la strada, dove si preparano colazioni. «Se si ritorna al ritmo di scarico di sempre» spiega Caggiano, «potremo lavorare per altri 78 giorni». Precisi. A meno che non aumentino la capacità della discarica a un milione di tonnellate. «Allora il conferimento potrà durare per almeno altri 190 giorni» calcola Caggiano. Fatti i conti, quasi nove mesi. E se realizzano pure Valle della Masseria, laggiù, dove finisce il saliscendi di viottoli di campagne dove i pastori prendono il fresco, pascola qualche mucca e un piccolo gregge di capre, dove ci sono casolari sparsi e molte bufale? L’ex cava di argilla ha una capacità di due milioni di tonnellate. Ma è ferma a uno stato larvale, con il solo recinto. Se riesce ad aprirla il neo sottosegretario Guido Bertolaso fa bingo. L’«incubo della sacchetta» in cui vivono i quartieri di Napoli potrebbe svanire, a patto che per il piano a lungo fili tutto liscio. Sarebbe un sospirone di sollievo. Altro che i trenta mesi entro i quali il premier s’è prefisso di ripulire Napoli e Campania. Ma Serre non ci sta. Nel Gran Caffè San Pietro della piccola piazzetta non si parla d’altro. Anche se c’è poca gente. Ma, in passato, le tremila anime del paesino sovrastato dagli Alburni e molte dei paesotti dei dintorni hanno saputo dare straordinarie prove di mobilitazione. Per loro il ritorno del capo della protezione civile nella stanza dei bottoni dell’emergenza rifiuti è un pericoloso remake «Bertolaso 2 - La vendetta». «Con noi ha il dente avvelenato» fa Domenico che ha una voglia matta e minacciosa di parlare. «Ma qui siamo un paese di briganti, per lui Serre sarà come per i romani alle Forche Caudine». Effettivamente bloccare queste stradine è un gioco da ragazzi. Il sindaco Palmiro Cornetta ha incontrato, ieri sera, il commissario Gianni De Gennaro che ha voluto tastare il terreno. «Serre ha aperto porte e finestre per cercare di contribuire a evitare la tragedia dei rifiuti in Campania» s’è sfogato. «Siamo disposti ad allargare Macchia Soprana se saranno aperti altri siti, come Chiaiano per esempio. Non vogliamo essere gli unici a sopportare il peso dell’emergenza». E aggiunge: «Non staremo qui a guardare. Innanzitutto, convocherò una pubblica assemblea, dove tutti i cittadini dovranno assumersi le proprie responsabilità». E se si decide per la protesta? «Sarò in prima fila a difendere la mia gente, il nostro territorio. Fino ad oggi abbiamo condotto una battaglia nell’alveo della legalità ora siamo pronti a conoscere anche le patrie galere, soprattutto se si insiste su Valle della Masseria». La rabbia, anche se ha toni meno esasperati, arriva fin qui, come un coro, anche dagli altri paesi dove dovrebbero essere realizzate le discariche secretate: una spada di Damocle che tutti vedono oscillare sulla propria testa. Il sindaco di Santa Maria La Fossa, dove è situata Ferrandella, è chiaro: «È un accanimento contro il nostro territorio». Tutti aspettano l’ufficializzazione che è attesa per le prossime ore. La discarica in provincia di Caserta è da tempo una catena di collinette-spazzatura. Doveva essere un sito di stoccaggio, mormorano, è diventata un inferno immondo. A Lo Uttaro, che fa parte del comune di Caserta, le proteste si annunciano contenute. Più che sulla piazza puntano sui tribunali. Vie legali, insomma, anche se pure questo è un percorso ormai diventato ad ostacoli. A Savignano, in Irpinia, hanno, invece, capito che c’è poco da fare contro la militarizzazione: sarebbe una battaglia sterile. Più dura ad Andretta, seppure non ci sono barricate. L’intenzione è creare dei presìdi, con sentinelle che avvistino gli invasori. La mobilitazione ruota attorno al comitato «Nessuno tocchi il Formicoso», ovvero la grande valle, tra Andretta, Bisaccia e Vallata, dove dovrebbe spuntare la discarica. Ma tutto è fermo, per ora. Persino Terzigno (con quel suo nome da difensore brasiliano) dormicchia all’ombra dell’arida schiena orientale dello sterminator Vesevo. Tutt’attorno impera la monnezza, a cumuli lunghi decine e decine di metri. Vecchie case di pietra vulcanica si alternano a nuovi condomini, in viuzze intasate da auto. Per arrivare al luogo dove è prevista la riaperuta della Sari, discarica che ha funzionato per moltissimi anni e ora è chiusa, bisogna risalire per una strada sterrata di sassolini lavici e poi per un sentiero che porta, dopo il cancello di ferro, verso gli enormi fossati, dove ci sono ancora i teli neri del passato, quando si conferiva monnezza. Ci sono pinete, qui e là case e ville abusive, condonate, legali e videosorvegliate, vigneti per il Lacryma Christi e scritte sbiadite di vecchie battaglie: «No alla discarica». Ci sono persino una cava di pietra (con le strutture giallo e ruggine) e un campetto di calcio (senza erba, polveroso e grigio). Passa un uomo a cavallo e saluta. Più avanti la cava Vitiello. Hanno estratto per anni e anni. Ora potrebbe diventare un’altro sversatorio. Quant’è grande? «Saranno cinque chilometri, più o meno» risponde Anna Guadagno del Comitato popolare per Terzigno. «Dentro ci avranno già buttato di tutto. Chi lo sa?». Anche rifiuti tossici, si sussurra. Le fa eco Angelo Di Prisco: «Il paese potrebbe muoversi s’è ci sarà l’ufficializzazione. Ma in giro vedo, purtroppo, un’eccessiva rassegnazione. Che cosa succederà nessuno è in grado di dirlo». Il neosindaco, Domenico Auricchio, butta acqua sul fuoco: «Se la discarica sarà fatta bene, tutti saranno tranquilli». Lui non ha ricevuto nessuna convocazione («Per ora»). Ma Aniello Ammendola, uno dei soci della Sari, la ditta di smaltimento proprietaria del terreno, taglia corto sui dubbi: «Un mese fa ci è stato notificato l’atto di esproprio. Questa volta fanno sul serio».

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