Sedia ricorre al Taf: ‘L’Italia ci perseguita’

Si è rivolto al Tribunale amministrativo federale il napoletano cui l’Ufficio della migrazione ha negato l’asilo politico ‘Le discariche di rifiuti velenosi mettono a rischio la nostra vita, la Svizzera ora potrebbe tutelarla applicando la legge’
6 maggio 2008 - Marino Molinaro, Andrea Manna
Fonte: Cantone

«La Svizzera ci tuteli dallo Stato italiano che ci perseguita». Non demorde Sergio Sedia, l’economista 34enne residente nel cosiddetto ‘triangolo della morte’ in provincia di Napoli che a gennaio aveva chiesto asilo politico al Ticino rivendicando per sé e la moglie incinta il diritto alla salute poiché ritiene che la sua vita sia messa in pericolo dalla presenza, nella Regione Campania, di migliaia di discariche abusive contenenti rifiuti tossici, chimici e nucleari.

Sedia negli scorsi giorni ha interposto ricorso al Tribunale amministrativo federale (Taf) di Berna con copia al Parlamento europeo e alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Lo ha fatto dopo che il Consiglio di Stato ticinese a metà gennaio gli aveva risposto che la richiesta di asilo andrebbe inoltrata alle autorità federali e non a quelle cantonali; dopo che a fine febbraio l’Ambasciata svizzera a Roma facendo da filtro aveva rispedito al mittente la sua richiesta; e dopo che a fine marzo l’Ufficio federale della migrazione, preposto all’analisi della richiesta quale prima istanza, gli aveva risposto picche rilevando che non vi sarebbero indizi sul fatto che la famiglia Sedia sia perseguitata dallo Stato italiano.

Infatti proprio l’essere perseguitati da uno Stato è uno dei requisiti previsti dalla Legge federali sull’asilo (Lasi) affinché possa essere accolta la domanda. ‘‘Sono rifugiati – recita l’articolo 3 capoverso 1 – le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi’’. E ‘‘sono pregiudizi seri – specifica il capoverso 2 – segnatamente l’esposizione a pericolo della vita, dell’integrità fisica o della libertà, nonché le misure che comportano una pressione psichica insopportabile’’.
Ebbene, dopo il no dell’Ufficio della migrazione sono bastati pochissimi giorni a Sergio Sedia per mettere su due Cd-Rom una «copiosa documentazione cartacea e video – come si legge nel ricorso – della catastrofe annunciata» che a suo avviso prova sia la reale mesa in pericolo della salute della popolazione campana (il ‘‘gruppo sociale esposto a seri pregiudizi’’, come richiede la Lasi) sia l’inattività e la colpa dei politici comunali, provinciali, regionali e nazionali nella malagestione dei rifiuti urbani e di quelli provenienti da altre regioni e da svariate attività industriali (‘‘l’esposizione a pericolo della vita e dell’integrità fisica’’, come prevede il capoverso 2). I Cd-Rom allegati al ricorso contengono documenti scientifici sulla contaminazione da diossine, sul nesso fra discariche e tumori, sull’incremento della mortalità per tumori nella distretto 73 dov’è situato il Comune di Sedia, nonché vari servizi giornalistici che evidenziano le colpe delle istituzioni locali e nazionali (per esempio la Corte di giustizia dell’Unione europea un mese fa ha criticato lo Stato italiano ritenendo inadeguato il suo sistema di smaltimento della spazzatura, a partire dalla mancata conformità delle norme sulle discariche approvate nel 2003 dal governo Berlusconi con la direttiva Ue del 1999 che definisce la nozione di rifiuti pericolosi).

Nel ricorso l’avvocato di Sedia ritiene che l’Ufficio della migrazione abbia «voluto dare un’interpretazione illogica ed espressamente letterale» alle norme sull’asilo a fronte della richiesta di Sedia. Quando invece «è evidente, così come documentato dal materiale fornito e dal copioso materiale presente sulla stampa mondiale e sulle più autorevoli riviste scientifiche, che si tratta nella fattispecie di una situazione persistente di pregiudizio alla vita della popolazione locale, nonché di una pressione psicologica insopportabile dovuta al timore di perdere la vita».

Il legale evidenzia pure che «attraverso l’interpretazione della vostra Legge sull’asilo politico si è voluto escludere la responsabilità dello Stato italiano perché Stato di diritto, così come evidenzia la Carta costituzionale dello stesso». È invece «evidente il contrario» perché dalla documentazione «emerge una condotta omissiva, ovvero di favoreggiamento di chi ha determinato tale situazione di pericolo a carico della popolazione, in quanto uno Stato di Diritto, come quello da voi erroneamente citato, aveva l’obbligo di prevenire, intervenendo per evitare la catastrofe e ridurre gli effetti terrificanti dei contaminanti, e di aiutare le popolazioni vittime di tutto ciò». Lo Stato italiano «non facendo nulla per evitare tale catastrofe e non intervenendo nemmeno per limitare gli effetti devastanti sulla salute dei cittadini, crea inequivocabilmente una situazione persecutoria continua nei confronti delle popolazioni colpite da questo flagello».

‘Il diritto alla salute’

Quale dunque «l’autentico significato» del «vostro civilissimo articolo 3»? Esso, si legge nel ricorso, «è la massima espressione di protezione della vita di ogni essere umano». La giurisprudenza mondiale «insegna che le norme che regolano il diritto di protezione della vita devono essere interpretate in modo più elastico possibile ovvero nella direzione della tutela della vita stessa e non nella negazione di tale protezione. Questo scorretto modo di lettura va nella direzione di negazione della protezione e quindi favorisce la morte e mette comunque in pericolo la vita negando la protezione a chi dalla morte vuole sfuggire».

Perciò «quando vengono lesi quei diritti fondamentali degli esseri umani attraverso qualunque forma di malvagità (e la condotta omissiva e passiva è sicuramente una di queste forme) come nel caso in questione, dove le popolazioni del territorio del ricorrente sono falcidiate da un Olocausto silenzioso quale quello della morte e della sofferenza anche psicologica attraverso il propinamento di sostanze tossiche, si rende necessaria una tutela ad opera di un vero Stato di diritto (l’auspicio è che sia la Svizzera, ndr) che abbia il coraggio di contrastare quello Stato di non-diritto (l’Italia, ndr) che con le sue gravi condotte non ha saputo tutelare e garantire il diritto alla salute e il diritto alla vita di alcuni cittadini. È logico, corretto e umano pensare che l’interpretazione unica e reale del vostro articolo 3 della Legge sull’asilo sia tale da prendere in considerazione solo ciò che la legge correttamente ha disciplinato, ovvero norme nate per proteggere la vita». La parola al Taf.

 

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