Sessa Aurunca Lo screening sull’impianto nucleare dismesso del Garigliano

"Centrale, radioattività minima"

Completato il monitoraggio
Gli esperti "Meno emissioni del vulcano di Roccamonfina"
17 gennaio 2010 - Alessandra Cappabianca
Fonte: Il Mattino Caserta

Sessa Aurunca. L'impatto ambientale della centrale del Garigliano? «Praticamente non esiste». Lo chiarisce Filippo Terrasi, ordinario di fisica applicata alla Sun e direttore del «Circe», centro di ricerca che, dal 2001, effettua, per conto della Sogin, campagne di monitoraggio straordinario sulla centrale nucleare. «Abbiamo rilevato che i parametri di radioattività sono talmente bassi da non costituire alcun pericolo per l'ambiente circostante - spiega Terrasi. Basti pensare che il livello di radioattività del vulcano di Roccamonfina è ben più alto di quello rilevato nella zona più prossima all'impianto». Il professore del dipartimento di scienze ambientali della Seconda Università di Napoli si riferisce ai risultati dell'ultimo monitoraggio, 2008-2009, durato diversi mesi, che si è appena concluso e che ha portato a esiti per molti versi sorprendenti. «Nel nostro laboratorio - spiega Antonio D'Onofrio - ordinario di fisica sperimentale della Sun - abbiamo attrezzature sofisticatissime, tra cui un acceleratore come ve ne sono pochi al mondo, in grado di rilevare un atomo di uranio tra mille miliardi di atomi. I valori di radioattività del territorio circostante alla centrale sono molto al di sotto del livello di guardia. È soltanto perché disponiamo di attrezzature sensibilissime che riusciamo a misurare questi parametri. Intorno alla centrale - racconta - abbiamo rilevato tracce di cesio, isotopo riconducibile solo alla reazione nucleare. Dalla sua distribuzione sul territorio, possiamo dedurre che quelle tracce sono riconducibili all'esplosione di Chernobyl. Altro dato interessante è che nel Garigliano non c'è cobalto, ciò significa che non ci sono perdite e che i livelli di uranio sono come quelli presenti in natura». Il sistema di monitoraggio Ma come avviene questo monitoraggio? «Abbiamo raccolto campioni di terreno in un raggio di 5-10 Km dalla centrale - spiega Antonio Petraglia che, con il collega Carlo Sabbarese, entrambi ricercatori in fisica applicata, si è occupato dei rilievi - ma anche l'acqua dei pozzi, i sedimenti del Garigliano, la fauna e la flora circostanti. I campioni vengono poi portati nel nostro laboratorio e analizzati. In alcuni casi, ci siamo serviti anche del laboratorio mobile in dotazione alla Sogin in caso di incidenti negli impianti, per fare dei rilievi nelle campagne circostanti, in modo da avere un quadro completo del territorio. Inutile dire che, anche in questo caso, abbiamo ottenuto gli stessi esisti positivi». Il futuro A questo punto, la domanda è obbligatoria: qual potrebbe essere il futuro della centrale del Garigliano? «È tecnicamente impossibile ripristinare un impianto di seconda generazione, come quello del Garigliano - spiega Filippo Terrasi - perché, pur basandosi sullo stesso principio di funzionamento di quelli di terza generazione, gli standard di sicurezza sono comunque molto cambiati». È possibile invece, come sostengono i Verdi, che, nei pressi del reattore venga realizzato un d eposito di scorie nucleari nazionale? «Il combustibile nucleare - spiega Terrasi - è stato trasferito in Inghilterra ormai da tempo. Se l'impianto dovesse essere smantellato, all'interno del cemento del reattore troveremmo di certo plutonio e uranio. A seconda delle composizione delle scorie, potremmo decidere come trattarle e dove trasferirle».

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