Mozzarella da liberare

29 marzo 2008 - Gugliemo Ragozzino
Fonte: Il Manifesto

Dire che c'è diossina nelle nostre mozzarelle, ma solo in quantità trascurabile, è un po' come dare finalmente ragione agli allevatori inglesi quando affermavano che le loro mucche non erano proprio pazze, ma ce n'era solo qualcuna un po' strana; o agli avicoltori belgi quando spiegavano che i loro polli avevano sì contratto la peste aviaria, ma solo in forma lieve e solo i pochi che avevano avuto indebiti contatti con uccelli migratori. Ma non appena si è sparsa la voce, le vendite di carne bovina, negli anni '90 e perfino di uova, pochi anni fa, sono crollate; in particolare da noi, in Italia, attenti a quel che mangiamo. E giustamente, perché nessuno sa interrogare un pollo, soprattutto un pollo arrosto, per sapere se ha frequentato chi non doveva, né distinguere la saggezza o la bizzarria dalla forma di una cotoletta. La «Politica» ha poi inseguito l'opinione pubblica e si sono stabilite regole ferree; troppe e troppo tardi, come si conviene. Il modello dell'industria alimentare è apparso, a posteriori, scriteriato e disumano, vuoi per come gli animali erano alimentati - farine di resti animali - vuoi per come erano fatti crescere, privi di spazio e di luce. E questo è un fatto, anche senza chiamare in causa la sete di profitto, che, stando a questo giornale, deforma e rende peggiore il mondo.
Ora tocca prendere provvedimenti a noi italiani, noti nel mondo intero per la nostra magnifica offerta di «Sole pizza e amore». La famosa canzone metteva insieme i tre elementi, ma propriamente italiano era ed è solo il secondo, mentre gli altri due sono - diciamo così - internazionali. La pizza, dunque, giunta a un passo difficile. Nel mondo si scoprirà ben presto che la mozzarella può essere sostituita, con tollerabili risultati, da altri formaggi, meno classici, ma più sicuri. Ne risentirà il made in Italy, certo non tutto pizza ma neanche tutto Ferrari. La «Politica», negli altri paesi, finirà per seguire l'opinione; nel nostro dovrà prendere provvedimenti seri e per farlo domandarsi finalmente le cause del disastro.
Le cause le sanno tutti, tranne forse i politici. Tutti hanno visto alla televisione servizi sul territorio della Campania a nord di Napoli, un noto triangolo, nel quale per forse vent'anni sono stati sversati i rifiuti speciali dell'Italia intera. L'ordine di grandezza è quello di 18 mila camion in un anno; a costi stracciati e senza controlli, con i buoni uffici e la protezione della camorra locale. Un paese civile, un sistema politico all'altezza dovrebbe decidere come priorità di investire grandi risorse e tecnica adeguata e ripulire dai rifiuti pesanti il triangolo tanto offeso. E poi difenderlo da ulteriori assalti. E' l'area in cui i tumori sono in più rapido aumento.
Grandi risorse, ma con buon senso e buona volontà, contro i rifiuti. E se sembra ovvio, non lo è affatto. «Rifiuti come risorsa», che sembra ed è la parola d'ordine della camorra, è uno slogan elettorale sui muri di Roma, in giganteschi manifesti. Carta straccia, difficile da riciclare.

Powered by PhPeace 2.6.4