Il pg: non è un’impresa criminale. La decisione potrebbe allungare i tempi per il termovalorizzatore

«Impregilo, no al maxisequestro»

La Cassazione dice no al maxisequestro di beni del gruppo Impregilo. E dispone una nuova udienza dinanzi al Riesame di Napoli per riquantificare i beni da sequestrare alla società imputata di truffa e frode in pubbliche forniture. Uno stop nel corso del procedimento penale nato dal cuore della principale inchiesta sull’emergenza rifiuti (la stessa che vede imputato Bassolino). Procura perplessa: decisione in controtendenza.
28 marzo 2008 - Leandro del Gaudio
Fonte: Il Mattino

LE REAZIONI
C’è perplessità tra gli inquirenti napoletani dopo la decisione della Cassazione di riquantificare il sequestro ai danni del gruppo Impregilo. Spiega il procuratore Giovandomenico Lepore: «Il provvedimento adottato dal gip Rosanna Saraceno è stato rispettato, anche se c’è una differente valutazione rispetto a quella del Riesame di Napoli. Attendo la lettura delle motivazioni, anche se c’è da fare una premessa: il dispositivo di oggi è in contrasto con altre pronunce delle Sezioni unite della Cassazione. Per questo sono curioso di leggere quali sono stati i principi tenuti in considerazione». Nessun commento da parte degli altri inquirenti - l’aggiunto Aldo De Chiara e i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo - anche se è facile sondare delusione. Pesa la valutazione dei magistrati di legittimità: tra le spese patite da Impregilo - è il dettato degli ermellini - bisogna distinguere quelle utili al danneggiato. A Napoli nessun commento, dunque, anche se fioccano battute amare: è come se a un costruttore disonesto e scellerato venissero restituiti i soldi per tirare su palazzi abusivi. Oppure: è come se a un trafficante di droga si restituissero i soldi delle spese di viaggio, spedizione e confezionamento. Scherzi a parte, era la linea dell’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo, oggi in forza alla seconda sezione penale del Palazzaccio. È stato lui a chiedere l’intervento delle Sezioni unite, per una valutazione del profitto di reato. Tanto che ieri mattina il pg della Cassazione era partito proprio da questo punto, ricordando che la Impregilo «può aver commesso errori sul campo, ma certo non è una società criminale, né è mossa da interessi delinquenziali». I conti dunque ai giudici napoletani. Ecco una facile ricostruzione: restano sotto sequestro 190 milioni di credito vantati da Impregilo nei confronti dei comuni; 120 milioni di liquidità prelavati ad agosto dai conti correnti delle società del gruppo; 303 milioni sono le somme effettivamente percepite da Impregilo in relazione alle tariffe di smaltimento. Fuori dal computo, stando alla Cassazione, prestiti e fidejussioni del Commissariato, ma anche spese di imballaggio, tritovagliatura e missioni in Germania. l.d.g.
La Corte di Cassazione boccia il maxisequestro ai danni del gruppo Impregilo. I giudici della Suprema Corte - ieri intervenuti a sezioni unite - hanno detto no al sequestro di 750 milioni di euro chiesto dalla Procura di Napoli, come danno della gestione della raccolta dei rifiuti in Campania. Il collegio presieduto dal giudice Torquato Gemelli ha dunque disposto un’altra udienza dinanzi al Tribunale del Riesame di Napoli, per una nuova quantificazione dei beni da porre sotto sequestro. Ma cosa ha spinto gli ermellini ad interrompere il maxisequestro? Cosa ha indotto il Palazzo romano a distaccarsi dalle valutazioni dei magistrati napoletani? Il punto nodale ruota attorno al concetto di «profitto di reato», vale a dire il guadagno ricavato dal gruppo Impregilo (Fibe, Fibe Campania, Fisia Italimpianti) dalla presunta truffa perpetrata nel corso della realizzazione del ciclo di raccolta rifiuti in Campania. Per la Cassazione occorre detrarre dal profitto di reato le spese patite nel corso degli anni dal gruppo Impregilo. Uno stop inatteso che gela per il momento le aspettative degli inquirenti, nel corso del procedimento penale nato dalla principale inchiesta sull’emergenza rifiuti in Campania (la stessa che vede imputato il governatore Antonio Bassolino, i suoi ex vice in sella al commissariato e l’ex stato maggiore delle società del gruppo Impregilo). Fino a questo momento la Procura napoletana aveva incassato due round a favore: prima il gip Rosanna Saraceno, poi il Riesame (giudice Anna Grillo) avevano imposto il sequestro di 750 milioni di euro. Ora, questa cifra dovrà essere riveduta ed eventualmente corretta. Finora lo Stato era riuscito a mettere le mani su 190 milioni di euro come crediti vantati da comuni e enti locali; e su 120 milioni di liquidità, soldi che restano sotto sequestro in attesa del nuovo pronunciamento del Riesame. A Roma è passata una nuova linea di pensiero sul maxiprovvedimento cautelare. Non è un provento di truffa e di frode tutto ciò che ha comunque garantito un’utilità al danneggiato. Quindi: non è possibile pretendere indietro i soldi di tritovagliatura, trasporto, imballoggio e della spedizione in Germania dei rifiuti (indifferenziati) prodotti negli anni più duri della crisi in Campania. Soddisfazione in seno al collegio difensivo, rappresentato dal penalista Paolo Siniscalchi e dal professore Alfonso Maria Stile. La decisione della Suprema Corte è invece «conforme» alla richiesta di annullamento con rinvio, per nuovo esame, formulata dal sostituto procuratore generale Gianfranco Ciani, che aveva insistito su una definizione di «profitto del reato» più limitata e circoscritta rispetto a quella formulata dal Gip di Napoli che aveva sequestrato tutti i ricavi comprese le spese: «Non ci troviamo di fronte ad una impresa criminale, ma ad un’impresa che può aver commesso degli sbagli, ma non c’è attività imprenditoriale completamente illecita».

Powered by PhPeace 2.6.4