La denuncia: tranciati i tubi del compostaggio Acerra, seimila in strada contro le ecoballe

Ganapini: «Cdr, sabotati gli impianti»

Bimbi, sindaco e senatore alla manifestazione: «Vogliamo che sia ritirato il decreto Prodi che consente di bruciare le false ecoballe»
17 marzo 2008 - Fabrizio Geremicca

Acerra sfila contro l'inceneritore nel giorno in cui l'assessore all'Ambiente della Regione, Walter Ganapini, dice: «La raccolta differenziata è stata sabotata per anni». Seimila almeno in piazza: agricoltori con i trattori, bambini, tanti ammini-stratori (tra i quali anche il presidente della «Commissione ambiente al Senato, Tommaso Sodano), e il sindaco Espedito Marletta. «Chiediamo il ritiro del decreto Prodi che consentirà di bruciare nell'inceneritore in costruzione i 6 milioni di ecoballe non a norma accatastate tra Giugliano e Villa Literno», dice Tommaso Esposito, avvocato, tra i promotori dei comitati contro l'inceneritore.
«È illegittimo anche il decreto che reintroduce il finanziamento pubblico alla produzione di energia elettrica tramite l'incenerimento dei rifiuti. Ci indigna che i lavori saranno ultimati dalla Fibe, a giudizio per truffa aggravata ai danni dello Stato e frode in pubbliche forniture».
A Napoli, intanto, l'assessore Ganapini denuncia, a margine di un convegno sulla gestione del ciclo dei rifiuti, a S. Maria la Nova: «In alcuni impianti di Cdr sono stati tranciati i tubi degli impianti di compostaggio, i soffioni per insufflare ossigeno nel rifiuto umido, perché diventi compost e fertilizzante». Circostanzia: «Eccezion fatta per quello di Pianodardine, in ogni Cdr costruito da Fibe avrebbe dovuto funzionare un impianto di compostaggio per valorizzare l'umido — circa il 40% del totale del rifiuto prodotto — ed evitare che finisca in discarica. Ebbene, sono stati realizzati ma sabotati». Chi siano i responsabili potrebbe appurarlo la Procura. Certo è che, sul mancato decollo della raccolta differenziata dell'umido in Campania, tanti hanno lucrato. Gli imprenditori i quali hanno costruito le discariche, sempre insufficienti. Le ditte di raccolta e smaltimento del percolato, prodotto dal rifiuto umido non differenziato. Quelle che, ad ogni crisi, hanno fornito decine di autocompattatori di rinforzo al Commissariato di Governo. Proprio l'assessore Ganapini aveva raccontato al Corriere del Mezzogiorno che alcuni moduli per il compostaggio, messi a bando dall'ex subcommissario Giulio Facchi nel 2001 e prodotti da aziende piemontesi, non sono stati mai installati.
«In attesa di nuovi stabilimenti, già previsti e finanziabili», riflette ora Ganapini, «voglio ripartire dagli impianti di compostaggio danneggiati che furono realizzati nei tritovagliatori e non sono stati mai utilizzati. Occorrono non più di 15-20 giorni per ripristinare la funzionalità di ciascuno di essi. In 3 mesi la Campania guadagnerà una potenzialità decorosa di trattamento del rifiuto umido». Un contributo potrebbe arrivare dallo stabilimento per il compost di Pascarola, a Caivano. Affidato alla «Igica», società a capitale pubblico, è uno dei pochi, tra quelli messi a bando nel 2001, che hanno funzionato.
Da 3 anni è però bloccato.
«Nel 2005», racconta il sindaco Giuseppe Papaccioli, «il commissario straordinario Corrado Catenacci lo destinò a sito di stoccaggio provvisorio per fronteggiare una delle tante emergenze. Nell'impianto furono dunque gettate 4.000 tonnellate di immondizia. Avrebbero dovuto rimanere lì poche settimane, sono già trascorsi 3 anni. Intanto, quel po' di umido che si differenzia in Campania è inviato ad un impianto di compostaggio siciliano, che lo lavora a 150 euro a tonnellata ». Commenta dunque amaramente Guido Viale, economista ambientale, ieri a Napoli per il convegno alla Provincia: «La vera causa del disastro campano non è che non ci sia l'inceneritore, ma che da 15 anni lo si aspetti come fosse la soluzione del problema. Nell'attesa messianica di un impianto che nasce obsoleto ed è un affare solo per chi produrrà energia con i sovvenzionamenti pubblici, non si è promosso il compostaggio, non si è fatta la separazione tra secco e umido, e neppure una politica di riduzione a monte del rifiuto».

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