Colpo di scena nell’indagine sulla presunta truffa dei cdr Ora vacillano le accuse anche contro Bassolino

Inchiesta rifiuti, sbloccati i fondi Impregilo

Il Riesame dice no al sequestro di 750 milioni e bacchetta gli inquirenti. Balzo in Borsa dell’azienda: + 13,5%
9 agosto 2008 - Leandro del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Punto primo: non c’è stata una chiara distinzione tra attività lecite e illecite. Punto secondo: «Non è possibile distinguere quali vantaggi economici provengono dal reato e quali da regolare svolgimento del rapporto di lavoro». Con queste motivazioni, il Tribunale del Riesame di Napoli annulla il maxisequestro imposto un anno fa al gruppo Impregilo, nell’inchiesta sulla presunta truffa nel ciclo di smaltimento dei rifiuti in Campania. Quanto basta a mettere in discussione un impianto accusatorio costruito in quattro anni d’inchiesta e a far vacillare la posizione della Procura nel processo parallelo: quello con 28 imputati, tra cui ex vertici Impregilo e del Commissariato, come il governatore Antonio Bassolino. Un terremoto. Pari per intensità e conseguenze a quello che nel giugno del 2007 paralizzò una parte dei proventi delle società legate a Impregilo. Il Riesame di Napoli - giudici Pierluigi Di Stefano, Monica Cacace e Michele Ciambellini - dice no al sequestro di 750 milioni di euro dalle casse del colosso milanese, chiamato a realizzare sette impianti di cdr e due termovalorizzatori. Dopo una serie di pronunce a favore della Procura di Napoli, i giudici dispongono l’immediata revoca dei beni finora sequestrati (circa 190 milioni di euro) e dell’importo complessivo di 750 milioni di euro. L’ultima decisione arriva dopo l’intervento delle sezioni unite della Cassazione e accoglie le conclusioni dei difensori Impregilo, i penalisti Alfonso Maria Stile e Paolo Siniscalchi. Immediate le conseguenze sul versante azionario. A Piazza Affari, Impregilo fa registrare una chiusura con un rialzo del 13,52% a 3,746 euro. Un anno fa, il gip Saraceno e il Riesame di Napoli avevano firmato il maxisequestro, poi la parola alle sezioni unite della Cassazione, che avevano disposto una nuova udienza dinanzi al Riesame. Ma su cosa verte l’ultimo provvedimento? Bacchettate alla Procura. Lo scontro è sui concetti di «profitto» e di «prestazione» svolti in Campania dalla Impregilo. Tutte le prestazioni effettuate e tutti i profitti ricavati sono frutto di un «programma criminale» come dicono i pm napoletani? O bisogna distinguere tra attività lecite e illecite? Su questo punto, il Riesame esprime rilievi verso le conclusioni dei pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo. I magistrati hanno infatti insistito sul fatto che «tutta l’attività della Ati fosse truffaldina, che tutta l’esecuzione del contratto tra Ati e ente ha rappresentato l’esecuzione di una truffa». Il Riesame ribatte: «Va considerato come la scelta del pm di insistere nella propria tesi e di non adeguarsi alla impostazione data dalla decisione della Corte di Cassazione non rende possibile individuare le prestazioni che siano in rapporto causale con le condotte di truffa e che non siano invece frutto di semplice inadempimento». Una sorta di vuoto, di lacuna registrata durante l’udienza tenuta a Napoli lo scorso 24 luglio. Chiesti puntuali accertamenti. «La distinzione (tra lecito e illecito) va operata ex novo, sulla base di specifici e puntuali accertamenti. Ciò non esclude la possibilità che la individuazione delle condotte truffaldine possa essere fatta sulla base di una rielaborazione del materiale in atti; ma, allo stato, non vi è stata alcuna allegazione da parte dell’accusa, per poter procedere alla distinzione delle prestazioni da truffa e quelle da regolare svolgimento del contratto (indipendentemente dal corretto adempimento o meno)». Dunque è proprio questa carenza che impedisce di individuare il «profitto da reato», ma è anche il punto su cui la Procura è pronta a dare battaglia in un probabile ricorso per Cassazione.

 

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