Italia: Emergenza Diossina

Su l'Espresso di questa settimana Emiliano Fittipaldi racconta del record negativo italiano di emissioni. La sostanza tossica si annida anche negli alimenti. E gli esperti lanciano l'allarme: metà degli italiani ne assume più del limite consentito
28 novembre 2007 - Comitato Allarme Rifiuti Tossici
Fonte: l'Espresso

Riportiamo alcuni stralci di un articolo apparso su l'Espresso del 26 Novembre 2003 nel quale di parla di un problema tipicamente italiano relativo all'emergenza diossina.
Una parte di questo articolo è dedicata al problema campano delle ecomafie, ed al modo con cui hanno devastato il territorio campano grazie ala pratica dell'incenerimento continuio di rifiuti tossici sversati in migliaia di disacriche abusive.
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Le analisi fai-da-te sono costosissime. Ma con la classica colletta, anche chi non ha la disponibilità economica dei Benetton può andare a caccia degli invisibili furani e dei Pcb, i policlorobisenili che appartengono alla stessa famiglia. La famiglia Cannavacciuolo di Acerra pascola pecore da sempre. Visitare il loro appezzamento è un'esperienza choc: lo spicchio di terra è incuneato tra la vecchia fabbrica Montefibre e il termovalorizzatore in costruzione. Le bestie all'origine erano 2 mila, pasciute e bianchissime, ma in pochi anni sono state sterminate. Tumori e malformazioni. Il gregge è sotto sequestro: il latte contiene percentuali di diossina da record, i 400 animali sopravvissuti sembrano usciti dal film 'The Day After'. Al capofamiglia è andata peggio: a maggio è morto di cancro fulminante. "Dicono che la diossina non c'entra niente, ma Vincenzo era un toro. È colpa dei rifiuti tossici che i camorristi seppelliscono nell'Agroaversano", sostiene il fratello Mario, "dobbiamo stare attenti tutti: le pecore mangiano solo erba naturale, e qua è pieno di ortaggi che finiscono sulle tavole degli italiani".

Con l'aiuto di un professore dell'ospedale Pascale di Napoli, Antonio Marfella, Mario è riuscito a far analizzare il suo sangue e quello del fratello da un laboratorio canadese. Risultato: l'esposizione alla diossina è simile a quella della zona A e della zona B di Seveso. "In Campania discariche abusive e la bruciatura dei rifiuti all'aria aperta", dicono all'unisono l'oncologo Giuseppe Comella e Leopoldo Iannuzzi del Cnr, "hanno messo in pericolo la catena alimentare. Le diossine si depositano sulle piante, il terreno e le acque, fissandosi poi nei tessuti grassi degli animali e nel latte".

Sugli effetti delle diossine oncologi ed epidemiologi sono spaccati a metà. Ma oltre all'accertata tossicità, un dato è sicuro. L'Italia è il paese che in Europa ne produce di più. Spulciando l'unico rapporto della Commissione Ue sul rilascio di diossine e furani al suolo (del 1999), si scopre che il nostro Paese ne emette il 38 per cento in più della Spagna, il 33 più della Gran Bretagna, il 29 più della Germania, ben il 75 per cento in più di Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia messe insieme. Per gli ultimi sette anni stime ufficiali non esistono, ma le emissioni di sostanze nocive dovrebbero - sostengono gli esperti dell'Iss - essersi ridotte. Secondo Roberto Fanelli, capo del dipartimento Ambiente e salute dell'Istituto Mario Negri di Milano e autore di alcuni report su Seveso, "ormai la contaminazione è diffusa uniformemente in tutti i paesi industrializzati. Sono sostanze che troviamo dappertutto. Si eliminano solo dopo molti decenni". In pratica, diossine (ci sono vari cogeneri, il più pernicioso è il 2,3,7,8 Tccd) e Pcb sono il prezzo della vita moderna. Industrie chimiche, acciaierie e smaltimento dei rifiuti sono i primi responsabili dell'inquinamento: le molecole killer si formano in presenza di cloro e derivati durante qualsiasi processo di combustione. Se l'associazione Medici per l'ambiente parla senza giri parole di "pandemia silenziosa" e l'ematologa Patrizia Gentilini, vicepresidente del gruppo, nutre molti dubbi sulla presunta riduzione dell'esposizione in Italia ("Qui seguiamo politiche semplicemente disastrose"), il tossicologo Alessandro Di Domenico dell'Iss getta acqua sul fuoco. Almeno per quanto riguarda gli inceneritori, obiettivi preferiti di ambientalisti e cittadini arrabbiati. "Con la regolamentazione Ue oggi ci sono strutture a impatto trascurabile. E non dimentichiamo che l'Epa (l'Agenzia Usa per la Protezione ambientale, ndr) ha spiegato che il maggior pericolo viene dalle sorgenti incontrollabili, come incendi e fuochi privati. Come si fa a stanare i caminetti fuorilegge? Più che procurare allarme, occorre informare la gente".

Note: L'articolo completo è disponibile al seguente indirizzo:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio//1884748/&print=true
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