Processo Bassolino-Impregilo, Udienza del 15.07.09
Nell’udienza, che si tiene nell’aula-bunker di Poggioreale, viene ascoltato Enzo Favoino, milanese, agronomo, professore alla Scuola Agraria del Parco di Monza, che si presenta illustrando le sue competenze (“abbiamo importato in Italia gli studi sulla raccolta differenziata”) e gli incarichi svolti presso la Commissione Europea e presso organismi di altre nazioni (Gran Bretagna, Slovacchia, eccetera).
All’udienza è presente un pubblico di una decina di persone. Per l’informazione c’è solo Antonio Troia di Radio Radicale, unico organo d’informazione costantemente presente alle udienze di questo processo, pur non avendo avuto l’autorizzazione ad effettuare le consuete registrazioni, né audio né video.
Favoino ha fatto parte del comitato tecnico istituito dal commissario per i rifiuti Bassolino mediante l’ordinanza n. 58 del 2002. Il comitato era coordinato da Arturo Rigillo, già ascoltato in questo processo nell’udienza del 22 aprile, ed aveva lo scopo di esaminare le possibilità di utilizzo dei materiali in uscita dagli impianti di trattamento rifiuti di Fibe-Impregilo.
Favoino viene interrogato prima dal pm Noviello, poi dagli avvocati delle difese, poi infine nuovamente dal pm.
Sollecitato dalle domande di Noviello, Favoino ha ricordato le vicende del comitato di cui ha fatto parte.
La commissione ebbe un duplice incarico: 1. studiare le applicazioni dei biostabilizzati in operazioni di recupero ambientale; 2. verificare gli impianti di CDR (combustibile da rifiuti). La seconda cosa fu fatta solo in modo superficiale perché gli impianti erano ancora in costruzione. Il mandato affidato al comitato era molto vasto e la ristrettezza dei tempi (poche settimane) non permetteva di svolgerlo compiutamente. Il comitato produsse comunque un documento finale, contenente delle Linee Guida, elaborato in due versioni, di cui quella definitiva a maggio 2002.
La delibera del Comitato interministeriale del 27 luglio 1984 era all’epoca l’unico riferimento normativo nazionale sull’uso del “biostabilizzato da raccolta non differenziata”; vi erano poi norme varate da alcune regioni italiane, alle quali in qualche modo era possibile fare riferimento.
Il biostabilizzato da raccolta non differenziata, che prima era anche chiamato “compost da rifiuti indifferenziati” e oggi si preferisce chiamare FOS (frazione organica stabilizzata) non è un vero compost, ma un rifiuto; esso comprende materiali e sostanze tali per cui è utilizzabile solo sotto controllo, dopo aver compiuto analisi del suolo dove si intende utilizzarlo, con progetti specificamente autorizzati e con forti limitazioni quantitative, espresse in termini di spessore applicabile o di quantità per ettaro.
Favoino riferisce che il progetto degli impianti aveva natura ambigua e rivelava una fondamentale incongruenza: prevedeva di utilizzare tutto il biostabilizzato prodotto come ammendante per recupero ambientale, mentre il materiale trattato, proveniente da raccolta non differenziata, avrebbe avuto bisogno di una RAFFINAZIONE DENSIMETRICA per poter essere utilizzato a tale scopo, sia pure con tutti i limiti e i controlli imposti dalla normativa.
La raffinazione densimetrica è un procedimento che separa i materiali in base al loro peso specifico.
Gli impianti progettati, invece, non prevedevano una raffinazione densimetrica, che avrebbe dovuto essere effettuata mediante specifici macchinari non presenti (tavola oscillante + separatore aeraulico e ciclone).
La raffinazione densimetrica avrebbe permesso di portare gli inerti di vetro e plastica presenti nello stabilizzato ad un livello accettabile secondo la normativa (meno del 3%), ma avrebbe anche cambiato i rapporti quantitativi previsti nei bilanci di massa degli impianti, producendo un 15-20% di scarto da destinare a discarica.
Oltre a ciò, Favoino rileva che il materiale prodotto dagli impianti non era nemmeno sufficientemente stabilizzato. La stabilizzazione è quel processo di degradazione delle componenti organiche più soggette a fermentare, che va fatto allo scopo di eliminare le componenti fitotossiche, cioè dannose alle piante. Questo processo, indispensabile per poter utilizzare il materiale per coltivazioni vegetali, veniva condotto negli impianti per un periodo di 28 giorni, sufficiente per poter mandare il materiale a discarica, ma del tutto insufficiente per ottenere una vera stabilizzazione, per la quale servono almeno 60-70 giorni.
Tutti gli esami e tutte le analisi condotte, nonostante i tempi ristretti, concordavano a confermare queste valutazioni: gli impianti funzionavano come produzione di materiale idoneo da mandare a discarica, ma non idoneo per recupero ambientale.
La commissione stilò una prima versione delle Linee Guida ma Vanoli, il vicecommissario ai rifiuti, chiese un approfondimento che riguardasse gli utilizzi massivi dello stabilizzato prodotto; Favoino ritiene che questa richiesta fosse finalizzata a far passare forzosamente per “recupero ambientale” quello che tale non poteva essere. La commissione, per rispondere alla richiesta di Vanoli, produsse un addendum, che però venne pubblicato come Capitolo 7 della seconda versione delle Linee Guida, quella definitiva di maggio 2002; e anche questa sorta di manipolazione del documento lascia Favoino molto perplesso sulle intenzioni del commissariato.
Fu poi tenuto un convegno pubblico per illustrare le Linee Guida, al quale parteciparono i componenti della commissione, esperti e dirigenti della Fibe, del ministero dell’Ambiente ed esperti esterni.
Noviello: “Affrontaste il problema della mancata raffinazione densimetrica?”
Favoino: “No, al convegno no.”
Noviello: “Ne è sicuro?”
A questa seconda domanda Favoino ricorda che solo “a margine”, nel dibattito successivo alle relazioni, il problema fu rilevato dalla dott.ssa Muraro, esperta in problemi di compostaggio e consulente di Fibe.
Ma afferma che tra i tecnici c’era forte tensione/pressione sui problemi qualitativi e grande condivisione di molti argomenti (e qui si riferisce a sé stesso, alla dott.sa Muraro, al prof. Adani, all’ing. Barni dell’Enea, questi due ultimi anch’essi componenti del comitato). Riferisce di aver raccomandato lui stesso a Barni di tener ferma la posizione sui problemi qualitativi; che la Muraro si rivolse a lui perché con la sua credibilità tecnica convincesse Fibe a migliorare gli impianti e che in seguito si recarono, lui e la Muraro, presso la sede Fibe di Acerra ad un incontro con i tecnici Schelotto e Garbarino per illustrare loro i miglioramenti possibili. Disponibilità e comprensione da parte dei tecnici Fibe, ma non erano loro a decidere.
A una domanda di Noviello se vi fossero rapporti problematici tra la Muraro e la dirigenza Fibe, Favoino risponde che i rapporti erano “poco collaborativi” e che la Muraro, forse proprio perché era consulente della Fibe, aveva difficoltà a presentare e a far valere le proprie critiche.
Sui suoi rapporti con il commissariato Favoino riferisce dell’attività e dell’impegno di Acampora e della fiducia e dell’accordo con Facchi. Su Vanoli, come già visto prima, ha delle riserve.
L’udienza prosegue con l’interrogatorio di Favoino da parte degli avvocati della difesa.
Dopo brevi interventi dell’avv. Krogh e dell’avv. Garaventa (che si concentra sulle conseguenze della mancata raccolta differenziata), è il turno dell’avv. Tuccillo (difensore di Cattaneo ed Urciuoli della Fibe).
Tuccillo richiama una sentenza europea relativa all’utilizzo di scorie e ceneri dell’inceneritore di Vienna per il riempimento di una miniera in disuso. Posto che le ceneri sono rifiuti pericolosi e la FOS no, la sentenza, a detta di Favoino, pone molti dubbi interpretativi: si tratta di recupero o piuttosto di smaltimento?
Le domande successive, che riguardano la normativa esistente all’epoca dei fatti e le disposizioni delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sull’uso della FOS, cercano di trovare in qualche modo legittimazione all’uso proposto dalla Fibe per lo “stabilizzato” prodotto dai suoi impianti. Ma quando Tuccillo chiede esplicitamente a Favoino se è ammissibile che tale materiale sia utilizzato per recupero ambientale di cave, il tecnico risponde di no ed afferma che la destinazione giusta è la discarica.
Tuccillo cita le Linee Guida della commissione Rigillo dove si parla di “FOS per recupero ambientale”, ma Favoino lo corregge, afferma che in quel passaggio veniva solo riferita la richiesta di Vanoli e ribadisce che i tecnici della commissione si sono “sempre espressi criticamente su questo uso”.
Favoino ripete quanto ha già espresso rispondendo a Noviello in merito ad autorizzazioni, progetti e controlli necessari per utilizzare la FOS e riafferma che la principale criticità degli impianti Fibe sta nella mancata raffinazione densimetrica.
Infine, alla richiesta di valutare economicamente la differenza tra FOS e compost, fa notare che il compost si vende, la FOS si regala, anzi, a volte addirittura si paga per poterla allocare.
Seguono poche domande dell’avv. Pellegrini sulla valutazione dei progetti e dell’avv. Cavalli sul ruolo di Pelliccia e sul contratto, argomenti di cui Favoino non si è occupato.
L’avv. Vignola, difensore di Vanoli, chiede: “Foste oggetto di pressioni?”
E Favoino, eufemisticamente: “Non posso nascondere la mia perplessità alla richiesta di Vanoli di considerare impieghi massivi della FOS…”
Poche domande dell’avv. Montone, prima sul ruolo di Acampora al commissariato e poi: “Cos’è il sistema integrato?”
Favoino: “Raccolta differenziata + TMB (trattamento meccanico biologico)”
Montone: “Quindi non ci può essere TMB senza differenziata?”
Favoino non abbocca: “Purtroppo no, si può anche fare TMB senza differenziata.”
Seguono poche domande conclusive di Noviello, che servono al teste per spiegare alcuni concetti:
La stabilizzazione del materiale organico, che si valuta bene con l’indice respirometrico dinamico, non può essere stimata soltanto misurando la perdita di peso del materiale, perché questa può derivare anche da un eccessivo disseccamento, che non favorisce affatto la degradazione dell’organico; il materiale disseccato ma non bene stabilizzato, mandato in discarica fermenta lì, producendo biogas, percolato, acidi organici che estraggono sostanze inquinanti e le rilasciano nell’ambiente.
Infine, la raccolta differenziata, specie quella porta a porta, se effettuata, avrebbe ridotto la frazione umida da trattare negli impianti Fibe, ma avrebbe ridotto anche il secco: cadono dunque le obiezioni di Impregilo sull’eccessiva umidità dei rifiuti conferiti agli impianti in mancanza di raccolta differenziata e si conferma la valutazione dell’ing. Rabitti, che stimava i conferimenti agli impianti del tutto congrui con le previsioni.
Le prossime udienze sono previste per il 23 settembre, 11 e 18 novembre, 9 e 16 dicembre; sette date utili sono saltate per esigenze degli avvocati, con sospensione dei termini di prescrizione per altrettante settimane.
L’udienza del 23 settembre, in cui sarà ascoltato l’ing. Ermanno Barni dell’Enea, anch’egli componente della commissione Rigillo, si svolgerà ancora nell’aula-bunker, a meno che le difese richiedano diversamente. Se si tornerà al tribunale, è possibile che sia revocato il divieto ad effettuare registrazioni audio e video.
Alcune note.
La deposizione di Favoino ha confermato e integrato, dal punto di vista dell’agronomo esperto in raccolta differenziata e compostaggio, tutte le valutazioni che Rabitti aveva fatto da ingegnere, esaminando appalto, contratti e macchinari.
Favoino, chiamato a far parte della commissione per nomina fiduciaria, ha mostrato, a differenza di Rigillo, la sua notevole competenza sui temi da trattare, ma ha anche lasciato capire, pur senza dirlo esplicitamente, che la commissione era stata istituita non per valutare e dare indicazioni ma per avallare scelte fatte da altri (commissario ed Impregilo).
I tecnici competenti presenti nel comitato hanno sempre avuto –a dire di Favoino- un ruolo critico durante i lavori della commissione stessa; ma nel convegno pubblico finale se ne sono ben guardati, tanto che lo stesso Favoino non ricordava nemmeno che nel dibattito ci fossero state “a margine” delle critiche espresse dalla dott.sa Muraro.
In questa storia, la difficoltà dei tecnici a far valere la loro competenza e il loro parere, quando è diverso da quello di chi decide, è evidente (tanto nei confronti dell’Impregilo che del commissariato). I tecnici si raccomandano l’uno presso l’altro perché convincano dirigenti onnipotenti, verso i quali mostrano timore e reverenza: Muraro si raccomanda presso Favoino, Favoino si raccomanda presso Barni, Barni lo sentiremo la prossima volta.
Favoino non assume mai l’atteggiamento dell’accusatore che assumeva talvolta Rabitti, tirandosi addosso le critiche degli avvocati. Sarà anche una questione di carattere, ma mentre Rabitti è il consulente dei pm, Favoino ha lavorato per il commissariato rifiuti e non è mai troppo scortese con la sua committenza.
Forse la valutazione che egli accenna a proposito della Muraro (che, essendo consulente di Fibe, ha difficoltà ad essere troppo critica con Fibe stessa) vale implicitamente anche per sé.
Favoino parla di tensione/pressione tra i tecnici sui problemi qualitativi. Ma quando Vignola, l’avvocato di Vanoli, gli chiede “Foste oggetto di pressioni?” lui risponde prudentemente “Non posso nascondere la mia perplessità…”
C.P.