Audizione del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone
Da "Il Casertano"
CASERTA – Entro venti anni gli abitanti di numerosi comuni del Casertano «rischiano di morire tutti di cancro» a causa dei rifiuti pericolosi interrati in quel territorio. Così, il pentito del clan dei Casalesi, Carmine Schiavone, nel corso dell’audizione dell’ottobre del 1997 davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo di rifiuti. Verbali che solo oggi sono diventati pubblici dopo la rimozione del segreto.
Riferendosi al traffico illegale di rifiuti nocivi, Schiavone spiega che divenne un business «autorizzato» per il clan dei Casalesi nel 1990. «Tuttavia – riferì il pentito – quel traffico veniva già attuato in precedenza. Gli abitanti dei paesi rischiano tutti di morire di cancro entro 20 anni; non credo infatti che si salveranno: gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via, avranno, forse, venti anni di vita».
Fruttava almeno 600-700 milioni di lire al mese lo smaltimento dei rifiuti, al clan dei Casalesi, che, nel 1990, decide di versare i soldi frutto di questo business nel cassa comune della cosca. Lo disse il pentito Carmine Schiavone, nel corso dell’audizione dell’ottobre del 1997 davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo di rifiuti. Verbali che solo oggi sono diventati pubblici dopo la rimozione del segreto.
Il business, fino a quel momento, avveniva di soppiatto all’interno del clan e, a scoprirlo, fu proprio Carmine Schiavone.
«All’epoca tenevo ancora il relativo registro, – disse Carmine Schiavone alla Commissione – in cui figurava che, per l’immondizia, entravano 100 milioni al mese, mentre poi mi sono reso conto che in realtà il profitto era di almeno 600-700 milioni».
«Si tratta della prima volta che la presidenza della Camera – senza che questo sia richiesto dalla magistratura – decide di rendere pubblico un documento formato da Commissioni di inchiesta che in passato lo avevano classificato come segreto», sottolinea la presidente della Camera, Laura Boldrini.
«Lo dovevamo in primo luogo ai cittadini delle zone della Campania devastate da una catastrofe ambientale cosciente e premeditata: cittadini che oggi hanno tutto il diritto di conoscere quali crimini siano stati commessi ai loro danni per poter esigere la riparazione possibile». (31.10.13)
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