I veleni di Gricignano smaltiti al Nord: 14 arresti

Traffico di rifiuti, blitz in 7 regioni. Così fanghi di depurazione e materiali pericolosi finivano in discarica
13 luglio 2010 - Marilù Musto
Fonte: Il Mattino

Il Percorso dei rifiuti «Alla fine Punto Ecologia non avrebbe fatto altro che bagnarlo e metterci su un po’ di fango». E di fango erano coperti i rifiuti speciali spacciati per normali finiti nelle discariche di Roccasecca e Morolo e in provincia di Pistoia. Così come testimonia la frase intercettata in una telefonata a uno degli indagati: Guido Gostoli, responsabile dell'ufficio commerciale della società Gea Consulting s.r.l. di Sambuceto di San Giovanni Teatino, un paesino alle porte di Chieti. Una linea immaginaria tracciata con bolle di accompagnamento e falsi smaltimenti legava il Nord Italia al Sud, da Pistoia fino alla Pro.Gest spa di Gricignano di Aversa, da dove partiva merce di ogni tipo: batterie scariche a polveri utilizzate per spegnere gli incendi dei cassonetti dei rifiuti appiccati da cittadini nel periodo dell'emergenza rifiuti in Campania. La Pro.Gest, in realtà, disponeva solo di un trituratore, ma non aveva vasche o compartimenti per separare e differenziare i vari tipi di rifiuti, era priva di impianti per depurare e stabilizzare i fanghi e i liquidi, non aveva linee per selezionare i metalli e le plastiche e nonostante ciò continuava a raccogliere commesse e a ritirare presso i suoi stabilimenti scorie e materiali di ogni tipo, sempre al motto di «tutto si può trattare e smaltire e che è solo una questione di prezzo». Gostoli era - stando alle indagini - colui che organizzava in giro per l'Italia i carichi illeciti di rifiuti pericolosi e privi di trattamento provenienti dall'impianto di Gricignano - sulla carta azienda abilitata al trattamento dei rifiuti ma con impianti definiti «rudimentali» dai pm per la depurazione e la gestione dei rifiuti liquidi - e da altre imprese. Quattordici sono in tutto le persone arrestate nell'ambito delle indagini della procura di Santa Maria Capua Vetere - coordinate dal procuratore capo Corrado Lembo, dall'aggiunto Luigi Gay e dal pm Marco Guarriello - accusate di smaltire i rifiuti in discariche pagando un prezzo minore rispetto a quello previsto per il trattamento degli scarti pericolosi. Pesanti le accuse a carico degli indagati: traffico illecito di rifiuti, falso e truffa. Grazie al «girobolla» i rifiuti liquidi, ad esempio, invece di essere sversati nell'impianto «Vergine» di Taranto finivano nelle discariche della provincia di Frosinone e Pistoia. Gli arrestati - destinatari di ordinanze di custodia cautelare - sono tutti dirigenti di aziende addetti allo smaltimento. C'era chi, come Marco De Gregorio, aveva solo su carta la funzione di responsabile dell'azienda Por.Gest spa. Il ruolo del responsabile era quello di preparare i «bei mescoloni» di rifiuti aggiungendo insieme liquami di vario tipo. L'inchiesta è durata oltre due anni: dall'inizio del 2008 fino a oggi. Per il gip del tribunale di Napoli, Antonio Baldassarre, le altre imprese che lavoravano con la Pro.Gest. «hanno dimostrato di compiere buona parte dei loro affari proprio con lo smaltimento illecito: come la Se.In. di Morolo e della MAD di Roccasecca, gestite in pratica dalla medesima dirigenza, le quali operando insieme, assicuravano che dei rifiuti pericolosi non conferibili in discarica si trasformassero - solo sulla carta e attraverso dei documenti assolutamente falsi - in altri che invece apparivano idonei a essere riportati presso l'impianto della Mad». È il caso, per i magistrati della procura, della Seam s.r.l. della provincia di Arezzo e della Pistoiambiente della provincia di Pistoia, autorizzate come semplice sversatoio di rifiuti non pericolosi, le quali ricevevano e smaltivano i rifiuti provenienti da Gricignano con l'unica preoccupazione di nasconderne la provenienza dalla Campania. Le indagini, poi, hanno svelato che non risultano investimenti per modificare o aggiornare gli impianti. Le ultime informative risalenti all'aprile e maggio 2010, salvo poche eccezioni, dimostrano che a distanza di due anni dai primi accertamenti tutto è rimasto pressoché immutato nelle prassi operative degli indagati. Insomma più che di smaltimento di rifiuti l’organizzazione si occupava solo di una trasformazione fittizia, attraverso documenti falsi, dei materiali nocivi che poi destinava in impianti non adatti ad accogliere il reale materiale sversato.

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