Processo Bassolino: l'inceneritore illegale

Udienza del processo Impregilo-Bassolino di mercoledi 13 gennaio.
13 gennaio 2010 - Inviato Idv

Il termovalorizzatore di Acerra, inaugurato dal Presidente del Consiglio in persona, simbolo, secondo il Governo, della soluzione al problema dei rifiuti in Campania è illegale.

E' in attività infatti, in assenza di una Valutazione di Impatto Ambientale redatta in base alla qualità del combustibile effettivamente destinato all'incenerimento.

E' questo il nodo attorno al quale ruota la prima testimonianza dell'udienza con la quale è ripreso a Napoli, il processo a carico di 28 persone, che rispondono a vario titolo di truffa, falso, abuso d'ufficio, turbativa d'asta, in concorso, per la gestione dei fondi del commissariato di governo per l'emergenza ambientale.

Il processo vede alla sbarra i vertici di due importanti gruppi industriali del paese, Impregilo e Fibe e, tra gli altri, il Governatore della Campania Antonio Bassolino.

E' stato Bruno Agricola, direttore generale del Ministero dell'Ambiente, a spiegare le pressioni che vennero esercitate per l'ottenimento della VIA senza che si potesse effettuare alcun esame del combustibile.

Tra l'altro, a forza di deroghe e poteri straordinari, i lavori per la costruzione del mega impianto di Acerra cominciarono senza che si fosse nemmeno avviata la procedura.

"A quelle condizioni - ha spiegato con molta chiarezza Agricola ai Pm Noviello e Sirleo - non potevamo rilasciare alcunché".

Ma ad Acerra, nonostante il progetto originario prevedesse di bruciare il CdR, ovvero rifiuti al netto di compost e differenziata attraverso una accurata raffinazione, almeno teorica, per disposizione del commissario straordinario Bertolaso viene bruciato il cosiddetto "tal quale". Rifiuti non differenziati senza sottoporli ad alcun trattamento.

Il tutto a dispetto di una famosa lettera che Bertolaso si premurò di inviare alla popolazione di Acerra nella quale assicurava che sarebbe stato incenerito solo il Combustibile derivato da Rifiuti conforme alle prescrizioni. Salvo poi ordinare di bruciare i sacchetti di immondizia "tal quale" così come raccolti dai cassonetti.

Oltre a Bruno Agricola hanno fatto la loro comparsa in aula anche il professor Oreste Greco, preside della facoltà di ingegneria della seconda università di Napoli e Vincenzo Sibilio.

Entrambi hanno fatto parte, in qualità di membri, Greco in veste di presidente, di commissioni deputate al collaudo di impianti o parti di essi.

I regime della loro testimonianza è stato però modificato dal Collegio Giudicante, presieduto da Maria Adele Scaramella, che ha stabilito che essi avrebbero risposto ai PM Noviello e Sirleo non secondo la formula dell'art. 197 bis, secondo comma, del codice di procedura penale, ma dell'art. 210.

In altre parole, anziché essere obbligati a rispondere a tutte le domande dicendo la verità, si sono potuti avvalere della facoltà di non rispondere poiché imputati di reato connesso in altro procedimento.

In particolare Oreste Greco, presidente della commissione di collaudo del trituratore installato nell'impianto di Santa Maria Capua Vetere, per "rispettare i tempi" ha svolto i lavori in assenza della firma di tutti gli altri componenti.

"Lo ha fatto d'intesa col commissario straordinario dell'epoca Antonio Bassolino?" Chiede il PM Noivello. Subito interrotto dalla difesa del Governatore campano, visibilmente irritata.

Interviene il difensore del cattedratico che sollecita la Corte perché rigetti la domanda: non sono ammesse infatti domande che possono aggravare la posizione di un testimone quando risponde di specifiche condotte in altri procedimenti.

"Può avvalersi della facoltà di non rispondere" - dice il Presidente - e lui, mestamente, mette fine alle domande. "Intendo non rispondere".

Così Vincenzo Sibilio. Collaudatore dell'impianto di Caivano.

 

Sei ore di udienza per scorrere di tre voci l'elenco dei testimoni, ancora lunghissimo.

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