L'inchiesta I «pizzini» dalla latitanza per puntare agli appalti

Le mani del boss Contini sui rifiuti «Bisogna intimidire gli spazzini»

La ricostruzione delle lettere dalla latitanza «Puntare agli appalti della spazzatura»
24 gennaio 2014 - Leabdro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Gli ordini li affidava ai pizzini, metodo classico, quasi obbligatorio quando sai che le polizie di tutto il mondo ti danno la caccia e sei da tempo il ricercato numero uno. Lì, su quei pezzetti di carta, Edoardo Contini ha fissato progetti di espansione crimi nale, ma anche strategie imprenditoriali, che glihanno consentito di consolidare il proprio potere tra Napoli e Roma. Non solo riciclaggio dei soldi sporchi, a leggere la ricostruzione firmata dal giudice Raffaele Piccirillo, ma anche l'occhio puntato sull'oro di Napoli, la gestione della spazzatura con le sue ricorrenti emergenze. Inchiesta ancora top secret, la Dda di Napoli mette a fuoco alcune tracce emerse negli ultimi tempi, a proposito del periodo che va dall'arresto di Contini (15 dicembre del 2007) all'ultimo periodo di espansione economica della sua holding criminale. E a fornire alcune conferme in questo periodo, anche ilboss penato Sal- vatore Lo Russo. Si parte da uno dei pizzini rinvenuti in un covo di via Cimarosa a Casavatore, dove Contini viene catturato grazie a un blitz della Mobile, nel quale vengono indicati quattro punti su cui organizzare il proprio asseteconomico.
Il master pian del boss Quattro punti, dunque: strutture di tipo ricettivo, parcheggi pubblici, box auto e posti agli affiliati. Inutile dire, che il quarto punto è quello su cui stanno battendo gli inquirenti in questi mesi. Che significa «posti agli affiliati»? Inchiesta su assunzioni fittizie, anche grazie a un retroscena svelato di recente dallo stesso pentito Lo Russo, che tira in ballo un altro pezzo danovanta della camorra campana, vale a dire Vincenzo Licciardi, anche lui in cella da qualche anno. Spiega il boss pentito: «Enzuccio mi disse che Edoardo puntava a sparare e minacciare alcuni spazzini per evitare che venisse raccolta la spazzatura, per consentire così a Contini di entrare nell'affare della raccolta rifiuti con aziende a lui riferibili». Stando alla ricostruzione messa agli atti, sembra che la camorra cittadina non si sia limitata ad abbozzare un'idea, ma sia passata anche alle vie di fatto: «Fed commettere queste attività di intimidazione al Vomero, ai Colli Aminei e al rione Alto», spiega Lo Russo nel corso di un verbale zeppo di omissis. Inchiesta condotta dalla Dda della Procura guidata da Giovanni Colangelo, al lavoro il procuratore aggiunto Gianni Melillo e i pm Marco Del Gaudio e Ida Teresi, nel corso di una stagione investigativa che sta mettendo a frutto l'esperienza dei sostituti procuratori nazionali antimafia Filippo Beatrice e Francesco Curcio, in forza all'ufficio guidato dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. La mappa della Holding Contini Un fascicolo dai grandi numeri: in due giorni sono stati arrestati novanta indagati rite nuti esponenti della holding di Edoardo Contini e Patrizio Bostì, in uno scenario in cui sono stati sequestrati beni per 250 milioni di euro. Una strategia di alto impatto, quella dei Contini, capace di entrare nella gestione dei servizi degli ospedali - è il caso del San Giovanni Bosco - ma anche di taglieggiare le ditte che hanno appaltato lavori per la realizzazione di importanti tratte delle metropolitana cittadina (compresi i binari tav della linea piazza Garibaldi-San Giovanni). Partiamo dall'ospedale San Giovanni Bosco, una struttura di via Briganti, strada dove per anni hanno vissuto Bosti e Contini, ma anche il presunto ridclatore Di Carluccio e altri esponenti della camorra del rione amicizia. Decisivo il ruolo di Luigi Galletto, un infermiere finito nelle trame dell'ultima indagine culminata nel blitz di due giorni fa. È lui l'uomo che avrebbe assicurato contatti con il quartiere durante la latitanza di Bosti e Contini.
Un ospedale sotto scacco Nei locali dell'ospedale - scrivono gli inquirenti - potevano anche avvenire incontri e chiarimenti di sapore criminale. Ma gli affari prima di tutto, tanto che la Dda di Napoli ha arrestato Giuseppe De Rosa, a sua volta titolare del ristorante e del bar all'interno dello stesso nosocomio: attività commerciali ritenute lavatrici dei soldi sporchi, comunque ad appannaggio di prestanome del cartello vincente della zona. E sono ancora i pizzini sequestrati nel covo di Contini, a svelare l'interesse del boss per il rilascio di una concessione di un parcheggio all'interno del San Giovanni Bosco.
Lavori al Centro direzionale A leggere quelle duemila pagine della misura cautelare firmata dal gip Piccirillo, sembra che nessuna attività economica sruggisse al controllo di Bostì e Contini: «Ad esempio - scrive il gip, riprendendo la versione di un pentito - i lavori edili fatti intorno al Centro direzionale, in particolare asfalto e pavimentazione che coinvolgono anche tratti della circumvesuviana - sono stati di sicuro appannaggio del clan Contini, che hanno imposto richieste estorsive alle ditte che lavoravano. Lo stesso discorso vale per i lavori di ristrutturazione di circa 50 immobili del rione Luzzatti».
Napoli è mia Impossibile citare tutte le attività finite nel mirino dei Contini, in uno scenario in cui la parola passa ai diretti interessati. Sono iniziati ieri gli interrogatori di garanzia, sfilano dinanzi al gip Mancini presunti boss e imprenditori in odore di camorra, mentre risulta difficile anche fare un inventario dei beni sequestrati. Accertamenti della finanza del nucleo di polizia tributaria agli ordini del colonnello Nicola Altiero, della Mobile del primo dirigente Ferdinando Rossi, spuntano dalle case degli indagati decine di Rolex e gioielli, beni di lusso che spiegano il senso di una intercettazione telefonica finita agli atti. Quella in cui una donna del clan Contini, rivolgendosi a una sua conoscente al telefono esclama: «La vedi Napoli? È mia». © RIPRODUZIONE RISERVATA II pentito «Edoardo ordinò le minacce agli spazzini per non far raccogliere l'immondizia» «Napoli è mia»

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